Mostre

I “Carli” di Lombardia nella biblioteca di Testori

da Carlo Borromeo a Carlo Emilio Gadda

In occasione dei cento anni dalla nascita di Giovanni Testori e in chiusura della quarta edizione del Premio Giovanni Testori per la letteratura e le arti figurative, l’Associazione Giovanni Testori, la Casa Testori e il Comitato Premio Testori – in collaborazione con l’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, la Biblioteca d’Arte, il Civico Gabinetto numismatico e Medagliere, la Pinacoteca del Castello, la Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”, le Raccolte Storiche di Palazzo Moriggia e l’Archivio Pisani Dossi – propongono un itinerario attraverso la sterminata biblioteca dello scrittore, per individuare quelle letture che gli furono fondamentali nella definizione del suo pensiero e della sua poetica. Si tratta di opere di arte figurativa e di letteratura che attraversano i secoli, dal Rinascimento all’età contemporanea, e appartengono ad autori con i quali Testori si trovò a condividere un medesimo territorio, la Lombardia, una medesima koinè linguistica e culturale, e una sensibilità affine per la realtà vissuta dalla parte degli umili, dei reietti.

Gli scrittori Carlo Maria Maggi, Carlo Porta, Carlo Cattaneo, Carlo Dossi, Carlo Emilio Gadda, il pittore Carlo Braccesco – i “Carli” di Lombardia –, nelle loro inevitabili differenze, rappresentano per Testori il tessuto che riveste la propria identità culturale. Ad alcuni di questi Carli – Maggi, Porta, Dossi, Gadda – sono poi dedicati i saggi del volume I Lombardi in rivolta (Torino 1984) di Dante Isella, grande italianista allievo di Gianfranco Contini, che con le sue osservazioni sugli autori della “linea lombarda” divenne un personaggio di riferimento per il coetaneo Testori che insieme a lui – e a Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah e Maurizio Fercioni – fondò il Salone Pier Lombardo (ora Teatro Franco Parenti), nel 1972. Ma colui che con i suoi scritti e il suo magistero avviò Giovanni Testori alla critica d’arte fin dai primi anni Cinquanta fu Roberto Longhi, storico e critico d’arte di levatura internazionale, che Testori ricordava così: Lo vidi per la prima volta alla mostra milanese del Caravaggio. Mi guardò e disse: “Ecco il Testùr” (mi chiamò sempre così). Già da tempo io adoravo Longhi. Anche perché scriveva in modo divino. Come dicevo, l’arte era per lui una questione di vita o di morte. Ne parlava come si parla dell’amato, o dell’amante, del figlio o della figlia, del mangiare. (Luca Doninelli, Conversazioni con Testori, Parma 1993). Roberto Longhi e Dante Isella, maestri, amici, compagni del viaggio artistico e culturale nelle terre lombarde, si aggiungono quindi alla teoria dei “Carli” di cui attraversano e intrecciano le opere in un percorso che sosterrà Testori nella definizione della propria poetica. A completare questo itinerario lombardo manca ancora un libro, il “testo nascosto” sotteso a tanta arte lombarda, sia come punto d’arrivo (si pensi ai temi e ai personaggi del Maggi o del Porta) che come spunto di ispirazione; vero livre de chevet, si potrebbe dire, per Giovanni Testori, come lo fu per Carlo Emilio Gadda e persino per lo “scapigliato” Carlo Dossi: I promessi sposi di Alessandro Manzoni. È da questa rete di echi, richiami, suggestioni che scaturisce, nuovissima e dirompente, l’arte di Giovanni Testori: pittore, critico d’arte, scrittore, poeta e disegnatore che ha attraversato il secondo Novecento lavorando al valico tra arte figurativa e letteratura. Autore isolato dalla società letteraria, lontano dalla accademia, guardato con sospetto dalla politica, Testori è stato un grande innovatore, sia nei temi che nella espressione letteraria con i quali ha inteso, talvolta provocatoriamente, scuotere le coscienze dei suoi lettori indirizzandoli all’osservazione di una realtà spesso cruda, ma autentica. E lo spunto per tale osservazione gli venne proprio dall’arte figurativa: i drammatici chiaroscuri del Caravaggio, le figure realistiche dei pittori del Seicento lombardo, la violenza delle scene di Tanzio da Varallo. Queste immagini trovano rispondenza, fin dal primo grande romanzo, Il dio di Roserio, nei personaggi di Testori, quelli che, nella piramide del vivere, si trovano al gradino più basso. Anche l’uso del dialetto – un dialetto mescidato con l’italiano, il latino, il francese, a creare una lingua nuova, sperimentale e sommamente espressiva – si direbbe scaturire, oltre che dalla tradizione letteraria lombarda e dalla propria esperienza familiare, da una suggestione iconografica. Il dialetto lingua dei popolani e dei santi del Caravaggio, dei montanari di Tanzio, dei milanesi devoti a San Carlo: solo il dialetto esprime con adeguata concretezza e in forma diretta la realtà rappresentata. L’itinerario della mostra prende l’avvio con Carlo Borromeo, che, con il Memoriale ai Milanesi, introduce la riflessione sulla città di Milano, la sua ascesa e la sua caduta, tema centrale in Testori (ma anche in Manzoni e in Cattaneo) e quanto mai contemporaneo; si procede quindi con un approfondimento sulle pestilenze che imperversarono in Lombardia (1576 e 1630) e trovarono vivide rappresentazioni nei dipinti dei pittori del Seicento lombardo la cui drammatica tensione si ritrova negli scritti di Testori sulle “pesti” del Novecento (la droga, il degrado, la miseria urbana). È al dialetto che viene riservata la sezione seguente, incentrata su Carlo Maria Maggi e poi su Carlo Porta che restituirono dignità letteraria alla lingua della Lombardia e la cui elaborazione linguistica pose le basi per le ardite soluzioni espressive del Novecento, da Gadda a Testori. Dalla lingua, koinè condivisa, al territorio: questa sezione amplia lo sguardo sul panorama lombardo, da Milano alla Brianza al lago di Como, descritti, evocati, rappresentati nelle opere di Carlo Cattaneo e Carlo Dossi, che furono anche, come lo sarà Testori, intellettuali provocatori e “in rivolta”. Conclude la rassegna la vetrina su Carlo Emilio Gadda e la sua fascinazione per “gli ori lombardi”: una prospettiva forse eccentrica, ma che trova rispondenza con Testori sia nella ammirazione per i pittori quattrocenteschi dell’area padana, da Carlo Braccesco a Cosmè Tura, mediati dalla lezione di Roberto Longhi, sia nella connessione, nelle loro opere, tra “ori” e violenza.

I “Carli” di Lombardia nella biblioteca di Testori
da Carlo Borromeo a Carlo Emilio Gadda

15 dicembre 2023-10 marzo 2024
Cortile della Rocchetta, Sala del Tesoro
dal martedì alla domenica, 10-17.30 (ultimo ingresso ore 17)
Ingresso libero