Teatro

Le tre porte. A Lugano lo spettacolo teatrale contro le discriminazioni.

28 aprile ore 17:30. Teatro Foce, Lugano.

L’associazione culturale Lumina, in collaborazione con il Centro per la Prevenzione delle Discriminazioni (CPD), ha dato vita a un progetto unico: Le tre porte, uno spettacolo teatrale volto a promuovere un linguaggio inclusivo. L’obiettivo è quello di dar voce a tutte le diversità e di sensibilizzare il pubblico sul tema delle discriminazioni che toccano nel profondo la società contemporanea.

Le tre porte va oltre il palcoscenico. Per gli istituti scolastici allo spettacolo seguirà un laboratorio creativo Le tre porte – progetto di inclusione contro il razzismo, che mira a promuovere un dialogo aperto e inclusivo sulla tematica della discriminazione e dell’empatia, coinvolgendo attivamente gli studenti delle scuole.

Le tre porte mette in scena le storie di Eden, Lea e Mytia, tre adolescenti che cercano di trovare il loro posto nel mondo.  Scegliendo di ignorare le malelingue e le brutte scritte sui muri, i tre protagonisti trovano rifugio dietro la porta della propria anima. Tuttavia, un incontro casuale li riunisce in un luogo simbolico della loro vita scolastica: il bagno. Questo incontro cambierà le loro vite, aprendo la strada dell’empatia e al dialogo.

Viviana Gysin firma la regia, mentre il soggetto è di Valentina Grignoli. Il copione è frutto della collaborazione tra regista e attori. Il cast vanta talenti provenienti da diverse parti del mondo. Accanto all’attrice svizzera Aglaja Amadò, troviamo Igor Mamlenkov, originario della Russia, naturalizzato spagnolo e la milanese Taty Rossi, attrice, autrice e conduttrice tv di origine eritrea. Questa diversità nel cast riflette la natura inclusiva del progetto, offrendo un’ampia gamma di prospettive e esperienze.

Abbiamo intervistato la co-produttrice e attrice Taty Rossi, che in scena interpreta Eden, una tredicenne che fatica a trovare la propria identità in una società dove il colore della pelle rappresenta ancora una barriera da superare. Taty ci ha raccontato il ricco processo artistico che, domenica 28 aprile, porterà Le tre porte sul palco del Teatro Foce di Lugano.

Come nasce l’associazione culturale Lumina e quali sono i suoi obiettivi?

Lumina nasce nel gennaio del 2023 ed è figlia dell’amicizia tra me e Aglaja Amadò, ma è anche figlia di un aperto scambio tra due donne, due mamme, due artiste. Da questo confronto ci siamo rese conto che avevamo diverse cose da dire, temi da trattare, idee in mente da sviluppare. Dunque, abbiamo pensato di fondare un’associazione culturale che potesse supportare i nostri progetti futuri. Lumina è una promessa: la promessa di promuovere la diversità favorendo l’inclusione e la rappresentanza, attraverso l’arte in tutte le sue forme, avvalendoci di preziose collaborazioni, senza escludere interventi di natura educativa e formativa. Le tre porte è il primo progetto che dà il via a questa nuova avventura.

Le tre porte affronta temi importanti come il razzismo, il body shaming. Qual è il messaggio principale che desiderate trasmettere al pubblico?

Tra i temi che vertono intorno alla sfera del razzismo e delle discriminazioni c’è quello del linguaggio, che è centrale nella storia che portiamo in scena. Spesso vengono utilizzati termini offensivi per ferire, altre volte si dicono parole sottilmente razziste, discriminatorie, perché figlie di stereotipi, di canoni estetici imposti dalla società o di vecchi retaggi culturali oggi non più accettabili. Il nostro obiettivo è proprio quello di sensibilizzare all’uso di un linguaggio più consapevole, accogliente, privo di ostilità e razzismo.

Pensi che il teatro possa essere un veicolo efficace per promuovere il cambiamento sociale su questi temi?

Credo che il teatro sia un validissimo strumento attraverso il quale affrontare più tematiche. Quando insieme ad Aglaja Amadò, co-fondatrice di Lumina, abbiamo sentito l’urgenza di parlare di discriminazioni ai giovani, abbiamo subito pensato che la performance teatrale fosse la forma d’arte perfetta, immediata per arrivare dritto ai cuori e alle menti dei ragazzi.

Hai avuto qualche esperienza personale che ti ha particolarmente segnata o ferita, e che ti ha spinto a realizzare, insieme al tuo gruppo di lavoro, lo spettacolo?

Le tre porte ha una genesi interessante. Un paio d’anni fa, per la prima volta, mi sono rivolta al Centro per la Prevenzione delle Discriminazioni di Lugano per segnalare frasi e atteggiamenti discriminatori nei miei confronti. È anche a seguito della condivisione di questa mia esperienza personale che abbiamo deciso di produrre con Lumina uno spettacolo che parlasse proprio di discriminazioni. E va da sé che il Centro per la Prevenzione delle Discriminazioni (CPD), guidato da Mariaelena Biliato, mi sembrava il partner perfetto a cui proporre una collaborazione.

Quale consiglio vorresti dare ai ragazzi che come Eden si trovano in bilico tra due culture?

A volte ci si sente in bilico semplicemente perché gli altri ti fanno sentire cosi. Ho sempre il timore che a causa di un insulto razzista, di un qualsiasi episodio discriminatorio, di un commento offensivo sul colore della pelle, sui capelli, sul nome straniero o sulla lingua straniera, i ragazzi, fosse anche una volta sola, possano sentirsi schiacciati dal peso delle proprie origini o addirittura possano desiderare di non averle quelle origini. Perché a quell’età, se gli altri evidenziano costantemente questa tua diversità come un punto debole, come qualcosa di cui vergognarsi, allora si corre il rischio di voler rinnegare la propria discendenza, e questo è terribile. Da italo-eritrea – e qui torno alla tua domanda – che da adolescente non aveva modelli nei quali riconoscersi e si definiva unicamente “italiana”, mi sento di dire ai giovani di seconda generazione che le nostre origini non ci rendono meno italiani, tutt’altro. Sono un valore aggiunto che rafforza la nostra unicità. Dunque, invito chiunque fatichi a trovare un equilibrio tra due culture, tra due identità, a considerare quella diversità un super potere da abbracciare e valorizzare.

Come hai vissuto questa sfida professionale e come descriveresti l’esperienza di lavorare in un cast così diversificato culturalmente?

Dall’idea iniziale di realizzare lo spettacolo, al debutto di Le tre porte è trascorso circa un anno: è stato un viaggio creativo importante, di crescita, credo per tutti. Ci sono state ricerche, letture, interviste, incontri, confronti. Ognuno di noi ha messo un pezzo di sé nei vari reparti, nelle riunioni di produzione, apportando tutti un contributo prezioso al progetto. Noi tre “creattori” – come ci ha definito la regista Viviana Gysin – abbiamo restituito molta della nostra esperienza personale nella scrittura dei monologhi, così come in scena. Igor Mamlenkov, Aglaja Amadò ed io siamo un concreto esempio di inclusione, differenti per percorsi artistici, provenienze e personalità. Tradotto in numeri siamo due etnie, tre attori, quattro nazionalità e cinque lingue parlate, e questo, senza dubbio, ci ha stimolato e arricchito come artisti, ma ancor prima come persone.

28 aprile ore 17:30
Teatro Foce, Lugano.
Prevendita online: biglietteria.ch

25 maggio ore 20:30
Cambusa Teatro, Locarno